Quando Einstein, alla domanda del passaporto, risponde ‘razza umana’, non ignora le differenze, le omette in un orizzonte più ampio, che le include e le supera. È questo il paesaggio che si deve aprire: sia a chi fa della differenza una discriminazione, sia a chi, per evitare una discriminazione, nega la differenza.
(Giuseppe Pontiggia)

Nella giornata internazionale delle persone diversamente abili, vorrei provare a fare uno spunto di riflessione sul tema dell’inclusione. In linea generale potremmo dire che le persone disabili non hanno più questo status di totale esclusione, laddove vengono applicati i criteri d’inclusione sociale. Per inclusione si intende la partecipazione attiva delle persone diversamente abili in tutte le attività sia di carattere scolastico lavorativo, ma soprattutto partecipativo nelle decisioni che li riguardano in prima persona. In questa ottica possiamo dire che ancora esistono delle forti discriminazioni e che gli strumenti che dovrebbero aiutare a fare scelte più appropriate e autodeterminate, da parte delle persone disabili, sono ancora una luce nello spazio difficilmente raggiungibile.

Per inclusione non si intende soltanto essere sullo stesso banco di scuola, ma dare reali opportunità di crescita in base alle differenti e personali competenze. Aumentare la possibilità di sviluppo sensoriale e cognitivo, nonché la facilitazione motoria, eliminando le barriere architettoniche e permettere, a tutti/e coloro che ne hanno la necessità, di acquistare la sedie a rotelle, spesso particolarmente costose, quando sono tecnologicamente avanzate, per favorire la partecipazione sociale in modo indipendente. Per molti ancora l’inclusione è un tema poco chiaro e vago. Alcuni credono che sia impossibile che le persone diversamente abili, con problemi neuro cognitivi, possano apprendere le stesse competenze dei loro compagni di scuola. Ma le risorse in realtà non sono del tutto attivate, né tantomeno esistono sufficienti competenze e la volontà, da parte delle istituzioni, di impegnarsi a migliorarle, investendo economicamente, per offrire maggiori opportunità di sviluppo delle stesse, ed aumentare le conoscenze dei formatori e assistenti nell’ambito scolastico e lavorativo.

Ad esempio, pensare in modo formativo, significa approfondire la ricerca nelle scuole, per migliorare l’apprendimento, delle persone con disabilità neuro cognitive, delle materie scolastiche. Attraverso l’acquisto e l’uso di strumenti tecnologici avanzati si affinerebbe la qualità e lo sviluppo delle competenze da parte, sia degli operatori e degli insegnanti, ed anche la qualità di apprendimento per ragazzi che si applicano di meno o che provengono da realtà migratorie.

Inclusione non significa pertanto accogliere la persona disabile nella classe e cercare di condividerne le giornate perché questo è un atto umanitario. Non è questo infatti il senso, anche se parte del concetto d’inclusione. La classe e gli insegnanti devono acquisire le competenze necessarie per favorire lo sviluppo cognitivo delle persone disabili, permettendo di rapportarsi reciprocamente in modo qualitativo, anche attraverso la possibilità d’utilizzo degli stessi  strumenti innovativi. Imparare ad usare un computer è una competenza che può creare in tanti casi forte autonomia gestionale e possibilità di rapportarsi al mondo esterno in modo indipendente. Pertanto, dovrebbe essere ampliata l’applicazione della lingua facile e dell’audio in tutti i rami informativi online. È rilevante capire che pensare per le persone diversamente abili e creare una società più inclusiva significa attivare competenze e informazioni dalla quale tutte le persone, di vario grado, ne possano usufruire.

Pensiamo per esempio agli ascensori se esistessero in tutte le struttture pubbliche. Ne usufruiscono sia le persone diversamente abili, ma anche le persone anziane oppure genitori con i figli in carrozzina, o persone che subiscono incidenti per la quale la loro mobilità è messa temporaneamente in difficoltà.

Lo stesso concetto vale nel momento in cui si cerca di creare l’accesso facilitato alle informazioni online. Favorirebbero non solo le persone diversamente abili ma anche tutta quella fascia di persone che hanno difficoltà o non hanno necessariamente interesse ad avere un’informazione approfondita e troppo fortuita su determinati temi. Poter accedere alle informazioni, rendendole semplificate, favorirebbe una maggiore partecipazione alle tematiche sociali e politiche e renderebbe il mondo delle istituzioni meno distaccato dal mondo reale. Se pensiamo a quanto siano complessi alcuni concetti politici e quanto al contrario un linguaggio facilitato potrebbe essere utilizzato da tante persone per la quale un approfondimento richiede uno sforzo di tempo, escludendoli pertanto da una partecipazione e comprensione del sistema.

Se pensiamo a quante persone che si trasferiscono, anche solo temporaneamente, all’estero e non conoscono la lingua del posto in modo approfondito, se avessero a disposizione le informazioni in lingua facilitata sarebbe più partecipativa la loro vita e molti disagi verrebbero superati.

Fare inclusione in tutti i campi significa applicare una rivoluzione sociale favorendo la partecipazione di tutti sui temi che ci riguardano, eliminando le strumentalizzazioni di potere che spesso si creano. Quando si rendono incomprensibili concetti come la politica o anche il semplice pagamento delle tasse, si complica la vita per tante persone, non solo per le persone diversamente abili.

Partire dalla disabilità significa apportare un punto di vista che partendo dal basso renderebbe la nostra società qualitativamente più sana e umana.

Ci auguriamo che la ricerca nel migliorare la qualità della vita delle persone diversamente abili possa, attraverso la risoluzione delle metodologie applicative, diventare un arricchimento per tutta la società e venga presa in considerazione come una trasformazione sociale che riguarda tutti e non solo una minoranza specifica.

Amelia Massetti

Presidente Artemisia e.V. Inklusion für alle

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